Michele Fazzitta, Premio Ciak Calabria
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Era da un pò che volevamo condividere con voi una notizia che ci fa davvero piacere.
Il nostro attore
Michele Fazzitta, per la sua interpretazione di Antonio nel film "
Arcangela Filippelli, martire della purezza" è stato insignito del
Premio Ciak Calabria come miglior talento calabrese. Inventato ad hoc per il Mendicino Corto, il Ciak di Calabria è un riconoscimento che intende premiare i talenti calabresi che si fanno strada nel mondo cinematografico.
Una bella soddisfazione per il nostro Michele che si dichiara emozionato e soprattutto felice di un traguardo nuovo all'interno della sua carriera.
Diretto da Franco Barca il film "
Arcangela Filippelli, martire della purezza" è appunto la storia di questa martire nata nel 1853 in provincia di Cosenza. I suoi genitori, Vincenzo Filippelli, brac¬ciante e Domenica Pellegrini, filatrice, l’insegnarono a vivere con devozione le principali solennità religiose ed erano noti tra i concittadini per la loro onestà.
Crescendo, finì col diventare la ragazza più bella del paese non solo per i suoi capelli biondi e l’incarnato roseo, ma soprattutto per il suo sorriso con cui i compaesani la ricordavano. Una domenica di Carnevale, la madre decise di mandare la ragazza da un’amica, Anna Provenzano, per procurarsi della legna da ardere. La signora, tuttavia, non ne aveva neppure per sé, quindi mandò insieme alla fanciulla le sue tre figlie in un bosco privato in contrada “Russo”, di cui era custode suo marito Arcangelo. A differenza dei genitori di Arcangela, questi non godeva di buona fama, tanto da essere soprannominato “Lucifero”. Dopo la Messa, le ragazze si avviarono verso il bosco, per non partecipare alle feste di Carnevale, all’epoca ritenute occasione di peccato. A seguirle, il figlio di Arcangelo Provenzano, Antonio, di 22 anni, che per il suo aspetto e i suoi comportamenti si era procurato, come avvenuto per il padre, un soprannome poco gradevole, quello di “facione”. Era interessato ad Arcangela, perciò colse l’occasione per insidiarla e cercare di farla sua.
Accompagnate le ragazze nel bosco, le aiutò personalmente a legare le fascine di legna. Una volta sistemato il carico delle sorelle sulle loro teste, le invitò a tornare a casa, mentre lui sistemava la restante legna con Arcangela, ma loro non vollero muoversi senza di lei. Tuttavia, mentre stavano ancora nel bosco, la sua fascina si sciolse, costringendola a restare indietro di qualche centinaio di metri. Allora Antonio decise di attuare il suo piano: dopo aver raccolto la legna, prese a insinuare proposte scorrette alla ragazza, la quale, impaurita, iniziò a correre e a urlare per il bosco, poi si aggrappò con forza a un albero di castagno che si trovava nei pressi di un’altura. Il giovane la raggiunse e ripeté le sue profferte, ottenendo, costantemente, rifiuto dopo rifiuto: «La Madonna non vuole queste cose» e «Morta sì, ma non mi farò mai toccare da te», esclamò Arcangela. Infuriato, Antonio estrasse la scure dalla cinta dei pantaloni e mutilò la ragazza tagliandole mani, orecchie e piedi, infierendo successivamente sul resto del corpo con oltre quaranta colpi. A causa del buio e della nebbia, né i contadini del luogo né le sorelle Provenzano accorsero. Verso sera, partirono le ricerche di Arcangela, su iniziativa dei genitori che non l’avevano vista tornare. Lo stesso Antonio fu a capo di uno dei gruppi e arrivò, per occultare il misfatto, a smorzare il lucignolo di una lanterna. Solo l’indomani, il bracciante Pasquale Cavaliere, ritrovò il cadavere e avvertì le autorità e i parenti. I sospetti caddero subito su Antonio, che aveva cercato di crearsi un alibi tornando al suo posto di lavoro, ma lì venne arrestato. Tutta la popolazione di Longobardi e numerosi abitanti dei paesi vicini presero parte al funerale di Arcangela, che fu seppellita nel cimitero cittadino. Immediatamente, venne avviato il processo penale davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, durante il quale i testimoni interpellati assicurarono la rettitudine della ragazza e dei suoi familiari. Il 17 maggio 1869 il processo si concluse con la condanna a morte di Antonio, che non fu eseguita perché lui morì di cancrena, presso le carceri di Cosenza, il 5 agosto 1872.
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![Il nostro attore Michele Fazzitta con il Premio Ciak Calabrese]()
Il nostro attore Michele Fazzitta con il Premio Ciak Calabrese[/caption]